- BY alessandragallo
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- Il 9 aprile l’Eurogruppo ha dato il via libera al SURE (lanciato dalla Commissione europea Il 2 aprile) che, che, una volta approvato dal Consiglio europeo e implementato, fornirà prestiti (per un valore complessivo fino a 100 miliardi) a condizioni agevolate agli stati membri che adottino misure fiscali a sostegno dell’occupazione, quali il potenziamento di programmi di integrazione salariale in caso di riduzione degli orari di lavoro, come la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) in Italia.
- Il 27 marzo il presidente americano ha firmato il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES Act), un pacchetto emergenziale di 2,3 trilioni di dollari (pari all’11% del PIL), il più ampio della storia americana, di cui oltre 250 miliardi volti a estendere durata, generosità e platea del sistema di Unemployment Insurance (UI), per sostenere la capacità di spesa delle famiglie anche in caso uno o più componenti abbiano perso il lavoro a causa della crisi.
- Se le risposte di politica economica di Stati Uniti e Unione europea sono confrontate rispetto alla loro capacità di sostenere i redditi delle famiglie, quella americana domina sotto svariati aspetti, sicuramente per entità e immediatezza. Le estensioni dei sussidi di disoccupazione sono generose (l’assegno aumenta di 600 dollari a settimana e la durata di due mesi) e immediatamente operative perché canalizzate tramite i programmi di UI statali.
- È tuttavia importante sottolineare che gli interventi partono da presupposti opposti, e potrebbero altresì avere effetti molto diversi in uscita dalla crisi.
- La risposta degli Stati Uniti pare fondarsi sul presupposto che la disoccupazione ineluttabilmente aumenterà. Al contrario, gli sforzi dell’Unione europea si concentrano sull’obiettivo di scongiurare aumenti eccessivi della disoccupazione, come descritto in modo eloquente dal nome del programma proposto dalla Commissione (SURE sta per temporary Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency).
- Lo sforzo europeo, rivolto a preservare posti di lavoro, è una strategia efficiente in questa fase transitoria di sospensione forzata delle attività lavorative. Evitando gli esuberi, infatti, si preservano anche la capacità produttiva e il capitale umano delle imprese e dell’economia nel suo complesso, rendendo il sistema più pronto a cogliere i primi segnali di ripartenza.
- Come in passato, tuttavia, anche in uscita da questa crisi economica, vi saranno inevitabilmente ristrutturazioni profonde che coinvolgeranno aziende e interi settori. In vista di questa seconda fase, serve dunque fin da ora un ripensamento del sistema di welfare europeo volto a favorire la mobilità dei lavoratori, tramite il rafforzamento non solo di programmi di sostegno al reddito (quali i sussidi di disoccupazione) ma anche di formazione, per fornire nuove competenze ai lavoratori che transiteranno verso occupazioni diverse a quelle precedentemente svolte.
Per un’analisi sull’impatto del Covid-19 sull’economia italiana rimandiamo al Rapporto CSC Le previsioni per l’Italia. Quali condizioni per la tenuta ed il rilancio dell’economia?
1. La strategia dell’Unione europea orientata alla difesa dei posti di lavoro
Cos’è SURE
Il SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) è uno strumento di assistenza finanziaria della UE, con un budget atteso di 100 miliardi di euro, la cui introduzione è stata proposta ufficialmente dalla Commissione europea il 2 aprile e approvato il 9 aprile dall’Eurogruppo.
Nelle intenzioni della Commissione, il nuovo strumento servirà ad erogare prestiti agli stati membri che ne facciano richiesta allo scopo di finanziare misure a sostegno dell’occupazione che abbiano alcune specifiche caratteristiche.
In particolare, la Commissione europea ha scelto di privilegiare schemi di integrazione salariale in caso di riduzione dell’orario di lavoro (come la CIG italiana). Riducendo il costo del lavoro aziendale, questi schemi favoriscono la continuità occupazionale anche in fasi di riduzione, totale o parziale, dell’attività. L’obiettivo è quello di preservare posti di lavoro, e con essi la capacità produttiva e il capitale umano delle imprese.
Come funzionerà in pratica
I paesi membri potranno richiedere un prestito SURE per coprire aumenti nella spesa pubblica, intercorsi dal 1° febbraio 2020, legati all’estensione di schemi nazionali di Short-Time work Compensation (STC) o di misure analoghe di sostegno al reddito dei lavoratori autonomi introdotte in risposta all’emergenza sanitaria.
La Commissione, insieme al paese membro, definirà le condizioni del prestito (ammontare, tasso di interesse, durata ecc.) e successivamente presenterà la proposta di finanziamento al Consiglio europeo per l’approvazione definitiva.
Per reperire le risorse da prestare agli stati, la UE a sua volta si indebiterà sui mercati finanziari. Presumibilmente, essa riuscirà a indebitarsi a condizioni piuttosto favorevoli, e sarà quindi in grado di prestare ai paesi con un più basso rating creditizio (ad esempio l’Italia) a tassi inferiori a quelli che essi dovrebbero riconoscere agli investitori.
Affinché i titoli emessi dalla UE per finanziare il SURE godano di un elevato rating, essi saranno garantiti da tutti gli stati membri (in proporzione al PIL di ciascuno). Tali garanzie saranno emesse su base volontaria e lo strumento entrerà in funzione solo una volta che tutti gli stati si saranno impegnati a fornire queste garanzie, che dovranno raggiungere un importo minimo pari a 25 miliardi.
Nella proposta della Commissione sono specificati dei limiti all’ammontare di ciascun prestito, in modo da evitare una loro concentrazione eccessiva: i primi tre paesi beneficiari non potranno infatti ottenere più del 60% del totale delle risorse disponibili.
Un passo verso gli eurobond?
Il lancio del SURE è un’iniziativa coordinata a livello europeo e, come detto, può essere utile per paesi con un minore merito di credito, che potranno beneficiare di risparmi significativi sulla loro spesa per interessi.
Siamo sulla via giusta per la futura introduzione degli Eurobond? Forse, ma la strada da percorrere è ancora tanta. Va sottolineato, infatti, che le risorse erogate dal SURE agli stati membri si configurano comunque come prestiti, contabilizzati come debito pubblico nazionale, che andranno ripagati successivamente. Negli anni futuri, pertanto, tali paesi dovranno destinare parte delle loro risorse, distogliendole eventualmente da altri interventi di politica economica, per ripagare il debito contratto.
Nell’accezione più diffusa del termine, invece, le risorse raccolte tramite Eurobond ed erogate ai paesi membri si configurano come trasferimenti, e non contribuiscono quindi ad aumentare il debito pubblico nazionale.
2. Le misure nazionali già adottate dai principali Paesi UE
L’emergenza sanitaria ed economica materializzatasi in Europa a partire dalle ultime settimane di febbraio, seppur con intensità e tempistiche diverse a seconda dell’area geografica, ha spinto molti paesi europei ad adottare politiche di sostegno del reddito dei lavoratori e di salvaguardia dell’occupazione prima del 2 aprile, data in cui la Commissione europea ha annunciato l’introduzione del SURE.
La maggior parte dei paesi hanno potenziato i loro programmi di integrazione salariale per riduzioni di orario, simili alla nostra Cassa Integrazione Guadagni (CIG), con modifiche procedurali volte ad ampliarne il ricorso da parte delle aziende e con estensione della platea di aziende e lavoratori coinvolti. Le specifiche misure e le risorse messe in campo dai singoli paesi sono diverse, ma la ratio è stata comune: scongiurare la distruzione di posti di lavoro per mantenere il sistema produttivo nelle condizioni di riprendere l’attività non appena l’emergenza sarà passata.
Qui di seguito sono riassunti gli interventi di rafforzamento dei programmi di integrazione salariale ad oggi approvati, in Italia e nei principali partner europei.
Italia
Con il decreto-legge n.18 del 17 marzo 2020, il cosiddetto DL Cura Italia, il Governo italiano ha introdotto ampie modifiche procedurali retroattive (per sospensioni/riduzioni di attività dal 23 febbraio) impegnando risorse pari a 5 miliardi di euro:
- nuova causale: i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda per Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) con causale “emergenza COVID-19”, con benefici e semplificazioni ma per una durata massima di nove settimane (e comunque non oltre agosto 2020). Il finanziamento per queste prestazioni è pari a 1,3 miliardi di euro.
Anche le aziende che al 23 febbraio avessero in corso un trattamento di integrazione salariale Straordinario (CIGS) possono presentare domanda di CIGO per COVID-19, con gli stessi benefici e semplificazioni della domanda di CIGO per COVID-19 e sempre per un periodo non superiore a nove settimane. La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso. Il finanziamento per queste prestazioni è pari a 338 milioni di euro.
- CIG in deroga: viene riconosciuta la Cassa integrazione in deroga ai datori di lavoro del settore privato che non hanno diritto né alla CIGO né ai fondi di solidarietà bilaterali, con un finanziamento pari a 3,3 miliardi di euro.
Le modifiche sicuramente configurano una ampia possibilità di ricorso alla Cassa Integrazione, ma prevedono una limitazione temporale alquanto stretta per la fruizione da parte di ogni singola azienda di queste nuove regole, pari a 9 settimane, da utilizzare entro agosto. Ma se la crisi dovesse mordere fino ad agosto, il limite sarebbe evidentemente troppo stretto.
Il DL Cura Italia include una misura che prevede il divieto di licenziamenti individuali (per ragioni economiche) e collettivi per 60 giorni. Si tratta di una previsione molto stringente, dato che coinvolge tutte le imprese, non solo quelle che utilizzano ammortizzatori sociali. Misure similari di sospensione temporanea dei licenziamenti sono state introdotte solo in Francia e Spagna.
Germania
Il Governo tedesco il 13 marzo ha annunciato misure di sostegno al reddito dei lavoratori, valide retroattivamente dal 1° marzo. In particolare, per abbassare il rischio di licenziamenti, ha reso più facile l’accesso al Kurzabeit, programma di riduzione dell’orario di lavoro simile alla nostra Cassa integrazione. I lavoratori in Kurzarbeit ricevono dallo Stato parziale compensazione per la retribuzione persa a causa della riduzione degli orari (60% del salario netto perso, 67% se hanno figli a carico).
In queste circostanze straordinarie, le seguenti regole sono state modificate:
- Le imprese possono accedere al programma per una riduzione di orario che coinvolga anche solo il 10% dei lavoratori, invece del 33% usuale.
- L’agenzia federale del lavoro (Bundesagentur für Arbeit, BA) paga per intero i contributi sociali dovuti dal datore di lavoro che utilizza il Kurzarbeit, mentre di solito i contributi sociali rimangono a carico dell’impresa per l’80% della retribuzione persa.
- Il Kurzabeit è stato esteso anche ai lavoratori temporanei e interinali.
- I lavoratori non devono arrivare ad avere saldo negativo in eventuali “banche ore” prima di poter accedere al Kurzarbeit. Di solito, invece, le imprese devono dimostrare di aver fatto ricorso a tutte le possibilità di riduzioni concordate di orari prima di accedere al programma.
Al contrario dell’Italia, la Germania non ha previsto per ora limiti di tempo per l’accesso al Kurzabeit a queste condizioni più flessibili dettate dall’emergenza.
Il governo tedesco prevede che 2,5 milioni di lavoratori useranno tale strumento per un costo totale di circa 10 miliardi di euro. Durante la crisi del 2009 un milione e 400mila lavoratori sono stati coperti dal Kurzabeit. La spesa da affrontare sarà quindi verosimilmente molto superiore a quella sostenuta durante la grande recessione del 2009. Ma il BA, che si finanzia con i contributi versati da aziende e lavoratori, ha accumulato riserve per 26 miliardi di euro, molto più di quanto non fosse alla fine degli anni 2000.
Francia
La Francia, in lockdown dal 17 marzo, ha stanziato circa 8,5 miliardi di euro per sostenere i redditi dei lavoratori per due mesi. Il governo francese prevede infatti che ci sarà un massivo ricorso da parte delle imprese al chomage partiel, il sistema francese di riduzione dell’orario di lavoro. Nella prima settimana di aprile più di 400mila imprese, che impiegano quasi 4 milioni di lavoratori, hanno fatto domanda per il chomage partiel.
I lavoratori in chomage partiel generalmente ricevono un’indennità dal datore di lavoro che copre almeno il 70% del precedente compenso orario lordo (e comunque non meno di 8,03 euro l’ora), o circa l’84% della retribuzione netta, salvo condizioni più favorevoli previste dagli accordi collettivi o da una decisione unilaterale del datore di lavoro. Il datore a sua volta, per ogni ora di riduzione rispetto all’orario normale, riceve dallo Stato un rimborso fisso, pari a 7,74 euro se l’impresa ha fino a 250 dipendenti, che scende a 7,23 per quelle più grandi.
Con un decreto del 25 marzo il Governo francese ha apportato le seguenti modifiche al regime di chomage partiel, con effetto retroattivo (per sospensioni/riduzioni di orario dal 1° marzo):
- Il rimborso versato dallo Stato alla impresa non è più una somma forfettaria, bensì proporzionale alla remunerazione dei dipendenti posti in attività parziale e tale da garantire il rimborso completo per retribuzioni fino a 4,5 volte il salario minimo (per retribuzioni superiori, l’eccedente rimane a carico del datore).
- Il chomage partiel è stato esteso ai lavoratori dipendenti a tempo determinato, in particolare ai cosiddetti salariés au forfait annuel heure/jour, e stagionali.
- Sia le precedenti regole sia una serie di semplificazioni per l’autorizzazione all’impresa del chomage partiel sono previste in via eccezionale per tutte le imprese che sospendano o riducano l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In Francia le imprese che abbiano sospeso o ridotto l’attività a causa dell’emergenza sono inoltre incoraggiate ad utilizzare un sussidio speciale per il training (FNE-Formation), tipicamente rivolto ad imprese in ristrutturazione che necessitano di re-indirizzare e/o rafforzare le competenze della forza lavoro.
Si tratta di un’iniziativa interessante che suggerisce una strada percorribile anche per altri paesi, ovvero quella di promuovere, in questo periodo di sospensione dell’attività, il coinvolgimento della forza lavoro in corsi di training online, al fine di facilitarne le opportunità lavorative anche all’indomani della crisi, a fronte di quelle trasformazioni tecnologiche e del tessuto produttivo in atto, incluse quelle innescate o accelerate dall’attuale situazione.
Spagna
La Spagna il 17 marzo ha varato un pacchetto di misure per far fronte all’emergenza. Tra queste ha predisposto misure che rafforzano le coperture dell’ERTE (Expedientes de Regulación Temporal de Empleo), un meccanismo già esistente che permette temporaneamente alle imprese di sospendere i contratti di lavoro o ridurre le giornate lavorative, a causa di difficoltà economiche, tecniche e organizzative che mettano a rischio la sostenibilità dell’impresa.
Durante l’emergenza, le imprese possono fare ricorso a ERTE per “causa di forza maggiore”, il che comporta una serie di agevolazioni:
- L’autorizzazione viene concessa entro 5 giorni ed è retroattiva.
- I contributi sociali sono per il 75% a carico dello Stato, per il 100% nel caso di imprese con meno di 50 dipendenti.
Al contrario dell’Italia, la Spagna non ha previsto per ora limiti di tempo e di risorse pubbliche per l’accesso all’ERTE a queste condizioni più flessibili dettate dall’emergenza.
3. Cosa hanno fatto gli USA
Quasi dieci milioni di individui hanno fatto richiesta di sussidi di disoccupazione nelle ultime due settimane di marzo, contro una stima di circa mezzo milione se l’emergenza sanitaria non fosse scoppiata. Con una forza lavoro di circa 165 milioni di individui, ciò implica un aumento del tasso di disoccupazione, considerando solo chi ha perso il lavoro e ha potuto fare domanda per il sussidio, di quasi 6 punti percentuali.
I sussidi di disoccupazione sono un programma di welfare cruciale per il funzionamento di un mercato del lavoro flessibile come quello americano, dato che forniscono un temporaneo sostegno economico a chi perde il lavoro nel periodo in cui ne cerca uno nuovo. Il sistema, che è gestito congiuntamente dagli Stati e dal governo federale, non era tuttavia pronto ad assorbire un influsso di richieste così ingente, conseguente alle repentine chiusure delle attività economiche non-essenziali imposte nella maggior parte degli Stati americani.
Le misure di emergenza adottate a livello federale hanno però fornito un sostegno immediato e molto ampio al programma, colmando con ampie risorse alcuni punti deboli del sistema (basso tasso di rimpiazzo dei sussidi e durata molto limitata) e fornendo con nuove linee guida possibilità di accesso al programma anche a quei lavoratori che per svariate ragioni (non solo in senso stretto il licenziamento) si trovano incapacitati a lavorare a causa dello scoppio della pandemia.
Le estensioni del sistema di Unemployment Insurance americano: significative ed immediate
Ogni Stato americano gestisce un proprio programma di UI, finanziato da contributi sociali a carico dei datori di lavoro, ma tutti gli Stati seguono delle linee guida federali. Il Governo federale, inoltre, finanzia la gestione amministrativa dei programmi UI e fornisce fondi addizionali in periodi di recessione.
Il CARES act ha introdotto in via temporanea (fino al 31 luglio 2020) delle estensioni significative al sistema di sussidi di disoccupazione. Le estensioni ricadono in tre grandi ambiti:
- Estensione della platea dei potenziali beneficiari: i sussidi di disoccupazione sono generalmente accessibili da parte di lavoratori dipendenti che abbiano perso il proprio posto di lavoro. Il pacchetto emergenziale introduce eccezioni a favore di coloro che, pur non avendo perso il proprio posto di lavoro, non possono lavorare per una varietà di ragioni legate all’emergenza sanitaria, quali l’essere in quarantena o essere stato messo in congedo non pagato perché il luogo usuale di lavoro è stato temporaneamente chiuso e non è possibile il lavoro da casa.
Inoltre, i programmi statali possono ora coprire tipologie di lavoratori generalmente esclusi, quali lavoratori part-time e lavoratori autonomi. Quest’ultima estensione è cruciale, perché copre anche quei numerosi independent contractors della gig economy che potrebbero in queste settimane trovarsi senza opportunità di lavoro.
- Aumento del sussidio: l’ammontare del sussidio è generalmente calcolato come una percentuale del salario nell’anno precedente al licenziamento, fino a un certo valore massimo, ma tasso di rimpiazzo e massimale variano da Stato a Stato. Alcuni Stati sono più generosi di altri, ma in media i sussidi rappresentano circa il 45% del reddito da lavoro perso. La nuova legge aumenta l’ammontare del sussidio di 600 dollari per settimana.
- Allungamento della durata: la maggior parte degli Stati eroga sussidi per al massimo 26 settimane (4 mesi), anche se alcuni Stati hanno imposto limiti di durata più stringenti.
Il pacchetto emergenziale estende la durata prevista da ciascun Stato fino a 13 settimane aggiuntive (2 mesi).
L’entità del CARES act non ha precedenti nella storia americana, impegnando risorse per oltre 2 trilioni di dollari, ovvero più del doppio rispetto al pacchetto di circa 800 miliardi approvato durante la crisi finanziaria del 2008. All’estensione del sistema di UI sono dedicati 260 miliardi di dollari.
L’intervento a sostegno del reddito di chi si trovi impossibilitato a lavorare si caratterizza inoltre per la tempestività con cui dovrebbe avere effetti. Le estensioni dei sussidi di disoccupazione, infatti, sono operative immediatamente, perché canalizzate tramite i sistemi statali di UI: esistono ovviamente ritardi ordinari connessi alla gestione operativa del programma, che saranno probabilmente acuiti dall’aumento elevatissimo di richieste registrato a partire dalla seconda metà di marzo.
Programmi di short-time work compensation: un tentativo in corsa di incentivarne la diffusione
Programmi di integrazione salariale per riduzioni temporanee di orario che coinvolgano una certa quota della forza lavoro aziendale, tipo la CIG o il Kurzarbeit, non sono del tutto assenti negli Stati Uniti, ma rimangono schemi poco sviluppati, sia perché previsti nella legislazione di soli 26 dei 51 Stati americani, sia perché inseriti all’interno dei sistemi di UI anche ove presenti. Gli schemi di Short-Time Compensation (STC) americani, infatti, sono finanziati dalle stesse risorse raccolte per i sussidi di disoccupazione.
Il CARES act include delle misure per aumentare il ricorso a schemi di STC, con:
- finanziamento federale al 100% per le integrazioni salariali per riduzioni di orario liquidate negli Stati che prevedono già programmi STC nella loro legislazione;
- finanziamento federale al 50% per le integrazioni salariali per riduzioni di orario liquidate negli Stati che non prevedono programmi STC nella loro legislazione ma dove si finalizzino comunque degli accordi aziendali di questo tipo;
- sovvenzioni per l’implementazione o l’estensione di programmi STC.
Con queste misure il Governo federale dimostra di supportare la diffusione di queste soluzioni di riduzione di orario come alternativa ai licenziamenti, ma rimane da vedere se i) gli Stati saranno in grado di recepire tempestivamente queste indicazioni e ii) le aziende di incrementare l’adozione queste soluzioni.
A una maggiore adozione tempestiva di questo strumento da parte delle imprese faranno da freno proprio le differenze tra legislazioni statali e le eventuali rigidità previste da tali legislazioni, ove esistenti.
Per datori di lavoro che operano in diversi Stati, implementare uno schema STC potrebbe comportare di dover “navigare” tra regole potenzialmente differenti per unità produttive in diversi stati. Inoltre, per alcuni datori il programma di un certo Stato potrebbe non offrire sufficiente flessibilità per gestore la crisi.
È difficile che gli Stati riescano ad intervenire tempestivamente per uniformare le loro legislazioni e smussare talune rigidità operative, quindi la diffusione di questi schemi rimarrà verosimilmente frenata nonostante gli incentivi previsti dal CARES act.
I sussidi per partial unemployment; un’alternativa meno efficiente
Vi sono altre opzioni di sostegno al reddito di lavoratori che subiscano riduzioni di orario di lavoro, in primis la cosiddetta UI per “disoccupazione parziale”. Per esempio, la California ha un programma di Partial Unemployment Insurance Claim rivolto a lavoratori che subiscano riduzioni di orario temporanee o che siano messi in layoff status per non oltre due settimane consecutive.
Tuttavia, strumenti di questo tipo sono meno efficienti di programmi di STC dal punto di vista della capacità di riorganizzazione aziendale a fronte di uno shock. Basti pensare che il sussidio di partial unemployment è un diritto del singolo lavoratore, che infatti è il soggetto preposto a farne domanda. Nel caso di attivazione di uno schema di STC, è l’impresa a pianificare il programma (spesso in accordo con la rappresentanza sindacale), in termini di numero di lavoratori coinvolti, durata, e entità delle riduzioni di orario, sulla base del calo di produzione sopportato o atteso. L’impresa può anche decidere di far ruotare i lavoratori in STC o variare l’entità del calo di ore lavorate nel tempo. Dal punto di vista della pianificazione aziendale il programma di STC è dunque uno strumento molto più efficiente, perché permette all’azienda di prendere decisioni coordinate sull’intera forza lavoro, diminuendo all’occorrenza l’input di lavoro utilizzato per poi aumentarlo tempestivamente quando lo shock si esaurisce.
4. Luci e ombre della strategia europea
La teoria economica indica che schemi di integrazione salariale per riduzioni temporanee dell’orario di lavoro sono degli strumenti efficienti per rispondere a shock economici transitori. In presenza di un repentino calo della domanda, tali schemi favoriscono:
- le imprese, che non perdono capacità produttiva e preservano il capitale umano; in periodi di riduzione o sospensione totale dell’attività, possono evitare e risparmiare sui costi connessi ai licenziamenti; quando lo shock temporaneo si esaurisce, risparmiano i costi di ricerca, assunzione e formazione del personale e sono pronte a riprendere l’attività a pieno ritmo;
- i lavoratori, che possono mantenere il proprio posto di lavoro e ricevono un’indennità (seppur spesso non completa) per la retribuzione persa, anche se la riduzione di orario arriva al 100%. Ciò sostiene reddito e capacità di spesa dei lavoratori, ed evita al tempo stesso la perdita del lavoro in un momento in cui sarebbe difficile trovarne un altro.
Le riduzioni drastiche e repentine di domanda e produzione causate dalle politiche di contenimento del virus sono un caso da libro di testo per il ricorso massiccio a programmi di riduzione degli orari. In questo contesto, infatti, questi schemi sono più efficienti sia dei sussidi di disoccupazione sia dei trasferimenti monetari incondizionati alle famiglie.
In questo senso, la risposta europea rivolta a fornire sostegno finanziario ai Governi nazionali che introducano o rafforzino tali schemi va sicuramente nella direzione giusta, in contrapposizione alla risposta americana, più nettamente orientata a un forte sostegno del reddito a fronte di un’elevatissima e incontrastata distruzione di posti di lavoro già in atto.
Il punto debole della strategia europea appare quello della natura, dell’entità e della tempistica delle risorse messe in campo con il meccanismo SURE:
- i fondi trasferiti ai paesi membri saranno prestiti che peseranno sul loro futuro bilancio pubblico, fino a quando non saranno restituiti. Tale indebitamento condizionerà, quindi, le risorse che quegli Stati potranno utilizzare nella fase della ricostruzione post-pandemia;
- gli Stati membri potranno beneficiare di assistenza finanziaria per un totale di 100 miliardi di euro, ammontare ben al di sotto delle risorse stanziate negli USA per il potenziamento dell’assicurazione contro la disoccupazione;
- i 260 miliardi di dollari stanziati dal CARES act americano, inoltre, sono immediatamente disponibili per il finanziamento dei sussidi di disoccupazione erogati dai sistemi statali. La messa in opera del SURE, al contrario, ha tempi incerti, sia per la necessaria previa l’attivazione formale del meccanismo a livello europeo sia per l’iter previsto per l’approvazione dei singoli prestiti.
All’Europa, inoltre, rimane il compito aperto di ripensare in maniera più completa il proprio sistema di welfare, per affrontare le sfide nel mercato del lavoro che si apriranno in uscita da questa crisi, quando saranno inevitabili ristrutturazioni, anche profonde, che coinvolgeranno interi settori. In vista di questa seconda fase, appare importante che il SURE, nelle intenzioni della Commissione, non sostituisce il regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione annunciato in precedenza dalla Ue. Anzi, la Commissione europea si è impegnata ad accelerare l’elaborazione della proposta legislativa relativa a un regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione. Ma sarà cruciale investire anche nel rafforzamento delle politiche attive, in primis quelle di formazione e riqualificazione professionale, per fornire nuove competenze ai lavoratori che dovranno transitare verso occupazioni diverse a quelle precedentemente svolte.